Il paptest
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Il paptest
Il paptest è un test di screening, cioè non è un test
diagnostico. Esso è finalizzato al riconoscimento precoce del cervicocarcinoma,
cioè il carcinoma o tumore del collo dell’utero, ma anche e soprattutto di
tutte quelle lesioni che lo precedono negli anni, ovvero le displasie, che
avrete sentito nominare quali CIN1 CIN2 CIN3. E’ concepito per essere applicato
all’intera popolazione di donne dopo i 21-25 anni, e anche prima se c’è un
inizio più precoce dell’attività sessuale, come è sempre più frequente. Lo
devono fare tutte le donne, perché grazie ad esso si individuano quali sono
quelle da sottoporre ad approfondimento con altri esami più specifici e quindi
diagnostici, come la colposcopia e la biopsia. Non è strettamente indicato (ma
neanche controindicato) per la donna che presenta sintomi. Le lesioni che
precedono di anni e anni il cervicocarcinoma, spesso non sono sintomatiche. Ed
è questa la fase che ci interessa riconoscere, in modo da giungere ad una
diagnosi quanto più precoce è possibile. Quindi ci si pone il problema di
quando effettuare il paptest, e soprattutto con quale cadenza. Gli
studiosi di tutto il mondo troppo spesso emanano delle linee guida per questo
aspetto. Le ultime linee guida hanno negato la necessità di controlli ogni
anno, ma hanno portato a tre anni l’intervallo fra un paptest e l’altro fino ai
30-35 anni, e addirittura hanno negato che sia utile dopo questa età,
ripiegando in età superiori, sul test dell’HPV ogni 5 anni. Le spiegazioni che
danno è che è ormai certo che alcuni tipi di HPV sono la reale causa di questo
tumore e, per questo, da un lato è necessaria la vaccinazione, dall’altro il
paptest non serve e ci vuole invece il test per l’HPV ogni 3-5 anni.
Tali conclusioni sono il risultato di valutazioni
della specificità e sensibilità del test, insieme con considerazioni che
valutano anche i costi della sanità. La vaccinazione per l’HPV è sicuramente
raccomandabile, però ottiene una protezione solo nei confronti di un certo
numero di genotipi di HPV e quindi non può essere ancora considerata la
soluzione definitiva del problema. Non è insolito trovare lesioni da HPV in
donne che hanno fatto la vaccinazione. Quindi protette sì dal virus ma solo in buona
parte, ma non del tutto. Quindi le vaccinate non devono commettere l’errore di
abbassare il livello di guardia, soprattutto nel caso di rapporti occasionali e
utilizzare in questa evenienza sempre il preservativo.
Un concetto che io ripeto spesso è che col test che
facciamo oggi, paptest e/o test per l’HPV sapremo come stiamo fino a questo
momento. Come è invece la situazione da domani in poi lo sapremo con il
prossimo test. Quindi, a mio avviso, pur consigliando il test dell’HPV ogni 3
anni, non escluderei un controllo annuale, anche con paptest, visto oltretutto
il suo costo irrisorio e anche del tutto gratuito se effettuato presso
struttura pubblica. Nel corso del controllo annuale saranno anche controllati l’utero,
le ovaie e il seno.
Come si fa il Paptest:
Molte donne hanno paura del paptest. Alcune per il
possibile risultato, altre perché pensano possa essere doloroso, altre per
tutti e due i motivi. Per quello che riguarda la paura del risultato, io
rispondo che semmai dovrebbe far più paura non farlo e ignorare quindi una
situazione di pericolo. Invece è proprio facendo il patest che si esclude un
possibile cattivo risultato e quindi bisognerebbe farlo appunto per far passare
la paura. Ma si sa la paura è un’emozione e alle emozioni è difficile
comandare. Però parliamone e sfatiamo questa paura ingiustificata.
Per il timore che possa essere doloroso, devo dire che
l’esame ginecologico standard prevede comunque l’esame speculare, che tanto
timore desta, in quanto il ginecologo è costretto ad utilizzare un piccolo
strumento, lo speculum, oggi monouso, di plastica, ma un tempo metallico e per
questo simile ad uno strumento da tortura medioevale. L’uso di questo strumento
è necessario, in quanto il prelievo per il paptest va fatto dal collo
dell’utero che è situato in fondo alla vagina, che normalmente è un canale
virtuale cioè ha le pareti collassate, fin tanto che non ci passa qualcosa, il
pene nel rapporto sessuale, il feto durante il parto. Perché il ginecologo
possa ispezionare il collo dell’utero e quindi vederlo occorre che questo piccolo
strumento formato di due valve come una conchiglia, venga inserito in vagina e
dilatato dolcemente in modo da divaricare le pareti della vagina e consentire
una visione diretta del collo dell’utero. Questa è una procedura che comunque
il bravo ginecologo fa ogni volta che visita una paziente, in quanto
costituisce parte integrante della visita. Per effettuare il paptest è
sufficiente prolungare questa ispezione di circa 10 secondi, durante i quali
con una spatoletta e uno scovolino si esegue un prelievo rispettivamente sulla
superficie esterna del collo – l’esocollo – e nel canale cervicale –
l’endocollo. Esistono anche dei dispositivi che con un unico movimento
consentono il prelievo in contemporanea di cellule dell’endocollo e
dell’esocollo. Come detto, questo prelievo si fa strisciando dolcemente uno di
questi dispositivi in corrispondenza del collo dell’utero e bastano pochi
secondi. Solo una donna su 10 avverte un lieve fastidio molto fugace,
probabilmente più per suggestione che per reale disagio. Io dico pochi secondi
che vi salvano la vita. Con lo stesso prelievo è possibile sia l’esame
citologico tradizionale (paptest) sia il test per l’HPV, quando appunto va
fatto.
Dopo quanto tempo avrò il risultato?
La risposta arriva dopo una decina di giorni, non
perché sia un esame complesso, ma perché i vetrini o i barattolini, a seconda
del metodo utilizzato, paptest tradizionale o paptest in fase liquida (thinprep
o simile), vanno etichettati e inviati con i dati della paziente al centro di
Anatomia Patologica che eseguirà l’esame. Lì i campioni subiranno un
trattamento che comprende anche una particolare colorazione delle cellule o di
parte di esse, che faciliterà il riconoscimento dei vari aspetti al
microscopio. Lo specialista che esegue l’osservazione è l’anatomopatologo, che
ha specifica competenza in questo campo. Il referto sarà stilato anch’esso
secondo protocolli standardizzati, in modo da riportare se il campione era
adeguato e appropriato per una corretta osservazione. Verranno annotati i tipi
di cellule riscontrate, la quantità, le caratteristiche normali, quelle
patologiche e anche quelle dubbie o di significato indeterminato. Sarà anche
possibile rilevare eventuale infiammazione, e aspetti ormonali, che possono
esprimere lo stato del ciclo ovarico. Possono anche essere riscontrate
delle caratteristiche delle cellule suggestive di infezioni virali, come l’HPV.
Occasionalmente può anche essere riscontrata la presenza di germi patogeni,
anche se non è questo lo scopo del test. Poi il referto, cartaceo o in PDF
viene inviato nuovamente dal laboratorio allo studio del ginecologo che ha
effettuato il prelievo del campione e/o direttamente alla paziente. Ecco perchè
trascorrono tutti questi giorni.
Cosa non vede il paptest?
Il paptest può evidenziare uno stato di infiammazione
e talvolta individuare anche un agente infettante, come la candida, batteri o
trchomonas, ma non è questo il suo scopo. Quindi non ha il significato del
tampone vaginale. Quindi non è un esame per individuare le infezioni e gli
agenti infettanti. Non è possibile fare diagnosi di gravidanza e nemmeno di
menopausa, anche se l’anatomopatologo può cogliere delle caratteristiche suggestive
dello stato funzionale delle cellule riconducibili alle varie situazioni.